Ti accoglie quell’incancellabile mix di brezza terraquea e lagunare arricchito dalla pungenza inconfondibile e penetrante delle esalazioni di Gauloise senza filtro. Una valanga di Gauloise senza filtro. Una luce fioca, a tratti postromantica, quasi pastello, armonizza un’immersione visiva ed esperienziale in un habitat, naturalistico, paesaggistico e antropico, unico nel suo genere. Siamo a Sant’Erasmo, per l’esattezza all’interno di quell’universo chiamato laguna veneziana. Qui, in un lembo di terra plasmatasi attorno a un miscuglio di argilla, calcare e roccia dolomitica, a pochi centimetri sopra la distesa che dal blu laguna varia verso le tonalità del verde, prende vita un simbolo indiscusso, e unico, della vitivinicoltura resistente e potremmo definirla eroica di questo territorio: Orto di Venezia.

Qui, Michel Thoulouze, padre contemporaneo di questo prezioso alfiere della viticoltura autoctona lagunare, tra un sigaretta e l’altra, dispende saggezza su cosa significhi veramente ricercare l’essenza di un terroir da mettere in calice. Una sfida continua, determinata e determinante, per non disperdere la variegata sfaccettatura della differenza. Rispettosa e da rispettare senza scendere a compromessi, ma esaltandone le peculiarità e le caratteristiche uniche di questo tesoro.

È qui, a Sant’Erasmo, in questi pochi geometricamente schierati in filari di Malvasia Istriana, Vermentino e Fiano di Avellino, che agli albori del Nuovo secolo inizia l’avventura da vigneron in terra lagunare del manager francese. Lasciati alle spalle grafici, trend, viaggi intercontinentali, Thoulouze abbraccia, o meglio, afferra forbici, stivali e tanta determinazione per cercare di dare un senso nuovo, contemporaneo, a questo scrigno di biodiversità e autenticità rimasto per anni, dal punto di vista vinicolo, sonnolente.

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In questo isolotto abitato oggi da circa 700 anime a qualche miglio di distanza dalla maestosa città del Carnevale, non c’è la maschera del mercato e del business enoico a dettare tempi, ritmi e tecniche di vinificazione. C’è l’accompagnamento naturale, spontaneo e rispettoso dell’esaltazione della espressività vitivinicola isolana.

Aiutato dai consigli di giganti del calibro di Lydia e Claude Bourguignon (agronomi di Romanée Conti), e Alain Graillot (padre del famoso Crozes Hermitage in Côte du Rhône), Thoulouze inizia questa avventura, o meglio sfida personal-cultural-colturale. Una sfida che ha richiesto cinque anni di lavoro, prima di impiantare 4,5 ettari di vigneti. Il tutto seguendo le regole del metodo tradizionale “duro su duro” (cioè senza mai arare) seminando in successione orzo, sorgo, avena, ravanello e radice cinese. Viti che a piede franco regalano l’essenza stessa del terroir.

Perché è questo che si ricerca nell’Orto di Venezia.

Michel Thoulouze su una cosa è infatti chiaro e perentorio:

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«È meglio un gran terroir che un grande enologo per un grande Vino»

Michel Thoulouze

Il vino che esce da questa forma mentis franco-lagunare è un risultato straordinario di estratto di terroir. Un vino che oggi per la sua estrema e riconosciuta originalità e autenticità attraversa i confini di Inghilterra, Giappone, Corea del Sud e Francia. Un vino sbarcato sulle tavole del ristorante di Alajmo fino ad arrivare a essere l’unico, e ripetiamo l’unico, nettare dorato italiano a far bella mostra di sé nel ristorante parigino di Alain Ducasse all’Hotel Plaza Athénée.

Blend di Malvasia Istriana, con la sua timbrica fresca e iodata, si arricchisce di corpo e respiri più complessi grazie al Vermentino, fino ad avere più struttura e prestanza fisica grazie a quel tocco di Fiano di Avellino. L’uva viene vendemmiata rigorosamente a mano e la vinificazione avviene in modo scolastico: il mosto fermenta spontaneo e naturale per dieci mesi in botti d’acciaio e poi due anni in bottiglia. Da qui esce un estratto luminoso di laguna che respira di sentori tropicali, si arricchisce con sferzate di miele fresco e accarezza il palato grazie alle brezze di fiori bianchi. Al sorso è una presenza fine, elegante, di frutta e florealità in bianco. Un vino che avvolge come seta il sorso per allungarsi su un perfetto equilibrio di freschezze, mineralità, prestanza e persistenza. Un vino veramente lungo ma che non stanca mai.

A rendere superlativa l’immersione, nel vero senso della parola, sorso dopo sorso, in questa interpretazione vitivinicola ci pensa la Cuvée Alain. Frutto dell’assemblaggio delle migliori botti di acciaio di Orto di Venezia, messe per 12 mesi in una barrique usata, proveniente dal Domaine Alain Graillot. Le botti affondate in un sandolo (tradizionale barca veneziana) in un punto segreto della Laguna, in modo che siano senza ossigeno, senza luce, non siano soggette a vibrazioni ed abbiano una temperatura costante, maturano con il tempo. Da qui esce un vino d’orato, profondamente persistente, più corpulento e forte ma che si aggrada di una freschezza minerale e iodata straordinaria. Un vino veramente longevo, tranquillamente si arriva ai dieci anni, un’edizione limitata di 400 bottiglie, suddivise tra 0,75cl e magnum e viene proposta in cantina al costo rispettivamente di 120 euro e 250 euro.

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