Orsero S.p.A., leader nell’Europa mediterranea per l’importazione e la distribuzione di prodotti ortofrutticoli freschi, presenta i risultati di un progetto di ricerca dal titolo “Dare buoni frutti – Gli italiani e le nuove abitudini di consumo di frutta”, che fa il punto su opinioni, bisogni e meccanismi di consumo che guidano gli italiani nella scelta della frutta. Un’indagine approfondita e a tutto campo condotta in collaborazione con l’istituto di ricerche IPSOS che ha coinvolto un campione di oltre 1.000 intervistati e intervistate, tra i 18 e i 65 anni.  

Esploratori del benessere, attenti buongustai, tradizionalisti, food lovers e innovatori del gusto. Questi i 5 gruppi di consumatori di frutta in cui si possono classificare gli italiani interrogati. Per tutti mangiare frutta vuol dire mangiare sano, e per tutti mangiare sano è sinonimo di qualità. La frutta è immancabile nella dieta, a prescindere dallo stile alimentare, ed è riconosciuta importante per le sue proprietà nutrizionali, in particolare in termini di vitamine.

Mele e banane regine del carrello, ma l’esotico avanza

Tradizionalisti ma con un occhio di favore per l’esotico. Gli italiani in media consumano 7 tipi diversi di frutta al mese. Accanto a mele (78%), banane (78%) e arance (69%) che rimangono le varietà più gettonate per prezzo e consuetudine di acquisito, hanno sempre maggior presenza nei carrelli degli italiani altre varietà che sfoderano il loro potenziale di crescita e gradimento come  fragole (59%) e kiwi (40%),  e poi ananas (31%), avocado (17%), zenzero (12%) e i frutti di bosco (21%), che hanno beneficiato di un lavoro della filiera agroalimentare su varietà, qualità percepita e gusto uniforme, permettendo al consumatore di poterli scegliere tutto l’anno.

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In merito alle quantità di frutta consumate rispetto al passato, il 45% degli italiani dichiara di non aver registrato cambiamenti, e il 45% che invece menziona un aumento, lo fa in relazione all’adozione di una dieta più sana, e all’aumento di occasioni di consumo durante la giornata. 

Raffaella Orsero, VP e CEO del Gruppo Orsero, ha dichiarato: «Negli ultimi quindici anni, in Italia, la quantità di frutta consumata è rimasta fondamentalmente costante; ciò che è cambiato è il mix di prodotti consumati. Abbiamo osservato uno spostamento dei volumi di consumo dai frutti tradizionali, come le pere, verso quelli esotici, come l’avocado. Il maggior consumo dei frutti esotici è anche dovuto al fatto che, viaggiando di più, le persone oggi hanno una maggiore familiarità con questi prodotti rispetto al passato. Inoltre, i cambiamenti negli stili di vita, oggi più dinamici, hanno portato a una maggiore preferenza per prodotti facili da consumare fuori casa, come i frutti di bosco».

Driver e libertà di scelta

Attenti alla stagionalità (51%), ma rapporto qualità-prezzo (44%) e gusto (42%) rimangono requisiti inderogabili. È un mix di fattori a guidare, in generale, le scelte di ortofrutta degli italiani. Quando poi si entra nello specifico delle singole referenze si evince che è sempre più abituale acquistare frutta tutto l’anno se si percepisce che qualità e bontà rimangono inalterate e che si può mangiare comunque un frutto sano e buono. Quando invece viene a mancare la continuità qualitativa, l’opzione stagionalità del prodotto torna a prevalere. Per i frutti di bosco, ad esempio, il consumatore mette al primo posto il gusto (48%) e i benefici che derivano dal loro consumo (44%), e ancora per mango e avocado, al gusto si affianca la qualità percepita e il grado di maturazione.

Tanta innovazione ma poca percezione

L’indagine registra che i consumatori associano poco l’innovazione di prodotto alla frutta, sebbene le referenze nuove, come kiwi giallo e frutta senza semi, rientrino a pieno titolo tra le occasioni di consumo degli italiani, che ne apprezzano gusto e qualità.

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Solo un italiano su cinque, infatti, ritiene che il concetto di innovazione di prodotto possa essere associato alla frutta e ne riconosce l’importanza. 

Chi avverte l’innovazione ne percepisce il valore, e sui temi centrali: ne capisce la portata a livello di valori nutrizionali, ne apprezza la fruibilità e il gusto. Quelle persone, che hanno altissimo potenziale di consumo, sono coloro che sono meno legate al concetto di stagionalità, e sono propense a scegliere prodotti maggiormente fruibili e a sperimentare.

Fruire della frutta più facilmente, senza rinunciare al gusto

Non tutta la frutta è facile da mangiare. L’indagine mette in luce come gli italiani potrebbero orientare maggiormente le proprie propensioni d’acquisto verso questi prodotti se potessero trovare sullo scaffale formati più “friendly” e soluzioni diversificate e pronte al consumo. A fronte di un’abitudine di consumo della frutta che presenta tratti di tradizionalità (a pranzo 53%, a cena 48%, come spuntino pomeridiano 53%) sempre più di frequente i pasti si svolgono fuori casa, fattore che frena il consumo di ortofrutta che, come evidenzia anche la ricerca, è meno conciliabile con un consumo all’esterno. 

Sempre più GDO ma il piccolo esercizio resiste

È il supermercato (66%) il luogo deputato per l’acquisto di frutta, una scelta sostanzialmente coerente con lo scenario moderno, con prodotti confezionati che rendono più veloce l’acquisto e la percezione di risparmio, non sempre veritiera. Il consumatore, inoltre, lo preferisce per la maggiore varietà di prodotti ortofrutticoli (33%), la libertà di azione e l’autonomia di scelta (32%). Chi sceglie il fruttivendolo di prossimità (32%) e il mercato rionale (25%) lo fa perché trasmettono una percezione di freschezza più elevata (46%) e permettono di giovare del consiglio del negoziante (28%).

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Matteo Colombini, Co-CEO e CFO del Gruppo Orsero, ha dichiarato: «Il risultato della ricerca si allinea perfettamente con la nostra missione di offrire i migliori prodotti, indipendentemente dalla loro origine, garantendo un’esperienza di gusto eccellente. Crediamo fermamente che questa sia la via migliore per aumentare il consumo di ortofrutta. Operiamo in modo capillare attraverso tutti i canali di distribuzione, compresi i mercati tradizionali e la grande distribuzione, poiché, come dimostra la ricerca, gli italiani non mostrano una preferenza marcata per un canale di vendita rispetto a un altro».